L’acquisizione da parte del C.T.U. di documenti non consentiti dalle parti

L’acquisizione da parte del C.T.U. di documenti non consentiti dalle parti
29 Marzo 2023: L’acquisizione da parte del C.T.U. di documenti non consentiti dalle parti 29 Marzo 2023

IL CASO. Tizio ha agito in giudizio nei confronti della Banca Alfa, presso la quale aveva aperto due conti correnti, deducendo l’applicazione di interessi ultralegali, di anatocismo e di contabilizzazione di commissioni di massimo scoperto di contenuto indeterminato. Nel corso del giudizio veniva disposta Consulenza tecnica contabile. All’esito del giudizio di primo grado la Banca veniva condannata al pagamento, a titolo di ripetizione dell’indebito, della somma di €. 27.486,61.

Nel giudizio di appello veniva disposta la rinnovazione della consulenza tecnica e veniva poi riformata la sentenza di primo grado con il rigetto della domanda di parte attrice. In particolare, la Corte d’appello aveva escluso che il saldo fatto valere dalla Banca potesse essere rielaborato sulla scorta di scritti acquisiti dal consulente tecnico dopo lo spirare del termine di cui all’art. 184 c.p.c., entro cui avrebbero dovuto prodursi i documenti.

Tizio proponeva quindi ricorso per cassazione. In particolare, con il secondo motivo di ricorso, lamentava la violazione degli articoli 194 e 198 c.p.c., la violazione dei principi in materia di onere probatorio e la violazione dell’art. 157 c.p.c., osservando che la nullità della consulenza tecnica d’ufficio deve essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale, restando altrimenti sanata.

LA DECISIONE. La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 5370 del 21 febbraio 2023, ha anzitutto richiamato la sentenza pronunciata a Sezioni Unite n. 3086 dell’1.2.2022 secondo la quale “(..) i vizi che infirmano l’operato del c.t.u. sono fonte di nullità relativa e rifluiscono tutti invariabilmente sotto il dettato dell’art. 157, comma 2, c.p.c.” e che quindi “il c.t.u. (..) che, nei limiti delle indagini commessegli dal giudice (..) proceda ad accertare fatti  non oggetto di diretta capitolazione di parte o ad esaminare documenti, senza darsi previamente cura di attivare su di essi il necessario confronto processuale  (..) lede un interesse (..) di cui le parti possono tuttavia pur sempre disporre, perché compete solo a loro il potere di farne valere la violazione e di eccepire la nullità dell’atto che ne è conseguenza a mente dell’art. 157, comma 2, c.p.c.”.

Anche nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato quindi che “l’affermazione è da ribadire avendo riguardo all’acquisizione in sede di consulenza contabile, e senza il preventivo consenso delle parti, di documenti la cui produzione in giudizio sarebbe preclusa, stante il maturarsi del termine decadenziale previsto dalla legge processuale”.

Ma ha aggiunto che “è rimessa alle parti la decisione di far esaminare al consulente documenti non prodotti prima” e che “questa disponibilità dell’acquisizione processuale, per mano del consulente, del materiale probatorio deve infatti trovare un coerente riflesso, sul piano del regime della nullità dell’atto che si discosti dal modello normativo, nella previsione dell’art. 157 c.p.c., comma 2, a mente del quale solo la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito d stesso e deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso”.  Nel caso di specie la Banca non aveva eccepito alcuna nullità nella prima difesa successiva al deposito in cancelleria dell’elaborato peritale, essendosi limitata ad una sola generica contestazione.

Pertanto, “discende da ciò che, essendosi la nullità sanata, la stessa non era deducibile come mezzo di gravame e la Corte di appello non avrebbe potuto prescindere, ai fini della decisione, dall’acquisizione documentale di cui si discorre” e, quindi, il motivo era fondato “in applicazione del principio per cui, in materia di esame contabile, la nullità per l’assenza del consenso preventivo quanto all’acquisizione di documenti comprovanti fatti principali deve essere fatto valere, dal contendente che tale consenso avrebbe dovuto prestare, e non ha prestato, eccependo la nullità nella prima istanza o difesa successiva al deposito dell’atto viziato o dalla conoscenza di esso”.

 La Suprema Corte ha, quindi accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’appello in diversa composizione. 

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